Omelia della Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù

Fratelli e Sorelle carissimi, i Giudei chiesero a Pilato di poter affrettare la morte dei tre crocifissi mediante il crurifragio, il che voleva dire spezzare le ossa dei condannati con delle mazze. Era lo sfregio ultimo; lo spettacolo macabro di corpi inerti e morenti che pendevano dalle croci (Cf. Dt 21,23). Ma a Gesù questo non venne fatto. Ai Giudei incaricati del crurifragio uno dei soldati presentò un segnale di indubbia morte avvenuta, che rendeva superfluo il crurifragio. Subitamente, dopo la morte di Gesù, il soldato con un colpo di lancia indirizzato al cuore gli trafisse il costato. L’evangelista Giovanni dice che in tal modo si adempiva la Scrittura (Es 12,46; Ps 33,21): “Custodisce tutte le sue ossa: neppure uno sarà spezzato”. Il che vuol dire che il soldato fu ispirato da Dio a dare il colpo di lancia affinché il Cristo non subisse lo sfregio del crurifragio. Dio infatti ispira la profezia del salmo e ne attua il compimento. Il soldato fu mosso dunque da un sentimento di rispetto, che gli veniva dall’alto, verso il grande martire. Ma quel colpo di lancia non era rivolto solo a risparmiare il crurifragio a Gesù, ma a far sì che il genere umano avesse accesso a quel cuore: un mistico, vivo accesso. L’evangelista presenta l’avveramento di un altro passo della Scrittura (Zc 12,10): “Guarderanno a me, colui che hanno trafitto”. Ci comunica, anche, che dal costato di Gesù subito uscì sangue e acqua. L’acqua e il sangue rimandano al Battesimo, dove l’acqua è il segno e il sangue la ragione dell’efficacia del segno. Giovanni ci dice nella sua prima lettera che Gesù non venne solo con acqua come il Battista ma con acqua e sangue (Cf 1Gv 5,6). Tutto il sangue della nuova ed eterna alleanza era passato per il cuore di Gesù. Sangue, segno della nuova ed eterna alleanza; acqua segno del lavacro battesimale, che rigenera in virtù del Sangue. Ma perché Gesù è morto anzitempo? La risposta non può essere che una: a causa dell’amore. L’amore, spintosi a vertici insondabili, ha affrettato la morte di Gesù. A tanta generosità d’amore bisogna rispondere con l’amore. Cuore è una parola dall’immediato significato, una parola chiave, primordiale, da tutti intesa. Va avvertito che la parola cuore, biblicamente, non significa tanto l’organo pulsante della circolazione sanguigna, quanto il centro profondo del nostro essere dove prendiamo le decisioni, da dove sgorgano le nostre azioni, il nostro amore e purtroppo anche i nostri peccati (Cf. Marco 7,14s). Il culto al Cuore di Gesù nasce dal riconoscere che Gesù si è donato tutto a noi per amore, che la forza di Gesù nel sostenere la passione è stata tutta nell’amore. Quel Cuore ha acceso i nostri cuori, li ha fatti vivere di amore divino, quello datoci dallo Spirito Santo. Tutto è ben di più dell’amore semplicemente umano, il quale non ha lungo cammino poiché si ferma di fronte al nemico, all’ingrato, e ha ben poca intensità rispetto a quello che le fiamme del Cuore di Gesù hanno acceso nel nostro. Dal Cuore di Gesù, secondo un’iconografia universalmente affermatasi, escono fiamme di fuoco, sono le vampe del suo amore, del suo amore di Uomo-Dio. Quel Sangue della nuova ed eterna alleanza versato per amore ha riconsacrato i nostri cuori, li ha fatti ritornare tempio di Dio, e in essi hanno trovato dimora le fiamme dell’amore divino. “Sono venuto a gettare fuoco sulla terra”, disse Gesù. Dio ci ha attirato a sé con vincoli d’amore, ci viene detto da Osea: “Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare”. Quale vincolo d’amore più grande poteva darci Dio di quello dell’Incarnazione del Figlio e della Passione del Figlio? Quale vincolo d’amore più grande di quello del Figlio, che ha donato tutto se stesso, che si è piegato a noi discendendo dal cielo, che si è abbassato a noi per servirci, che si è chinato a noi per darci da mangiare se stesso: il suo Corpo e il suo Sangue? Quando noi mangiamo il suo Corpo sappiamo che esso ci è stato donato dal suo Cuore. Quando beviamo il suo Sangue sappiamo che è sgorgato dal suo Cuore. Il profeta Osea ci dice altre parole che ci fanno entrare nel Cuore di Gesù: “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”. Di fronte alle nostre miserie, alle nostre ferite, ai nostri peccati, il primo moto di Dio è la compassione, la volontà di perdono, poiché Dio è lento all’ira (Cf Ps 144). L’ira, cioè l’azione della sua giustizia, nasce quando vede gli uomini arrivare sistematicamente al rifiuto del suo amore. Gesù ci mostra il suo Cuore, cioè l’intimo della sua Persona di Uomo-Dio, ci dona il suo Cuore nell’Eucaristia. In essa, nell’Eucaristia, c’è la somma dell’amore della Trinità, e c’è il vertice dell’amore dell’Uomo-Dio, di Cristo. Paolo dice che l’amore di Cristo è talmente vasto che sorpassa ogni conoscenza, ma nello stesso tempo, nella fede in lui e nella vita di comunione con tutti i santi, si è in grado di comprenderlo, pur senza poterne esaurire “l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità”. Dio ci trae a sé con legami d’amore, e questi sono illimitati, ogni comunicazione d’amore è un legame d’amore, un legame che dà libertà al cuore, che lo rende libero di amare, libero dall’egoismo, dal peccato, dalla mediocrità. “Le insondabilii ricchezze di Cristo”, si traducono negli inesauribili vincoli d’amore che ci comunica. Vincoli d’amore, che vincolano, nella gioia della libertà d’amare, i nostri cuori ad amarlo. Paolo di fronte a tanto amore, all’infinito amore di Cristo dice pieno di gratitudine: “Io piego le ginocchia davanti al Padre”. Cristo comunicandoci il suo Cuore ci apre al Padre, all’adorazione del Padre, cosicché noi siamo “ricolmi di tutta la pienezza di Dio”, la quale sempre rimane inesauribile. In cielo, nella gloria, vedremo Dio tutto, ma non totalmente, poiché egli è infinito; ma il suo essere infinito sarà inesauribile ricchezza di comunicazione per tutta l’eternità.

Laudetur Iesus Christe. Semper Laudetur.

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